Costumi
Risorgimento in Italia: la moda della barba e dei baffi

Risorgimento in Italia: la moda della barba e dei baffi

Se per le dame ottocentesche erano i capelli ad avere un’importante valenza estetica e ne denotavano l’inquadramento sociale, per gli uomini del XIX secolo erano barba e baffi a ricoprire tale ruolo. Addirittura, i vari modelli arrivavano ad avere una valenza politica individuando a colpo d’occhio chi supportava il Re, chi Garibaldi e chi Cavour.

Vittorio Emanuele II portava i cosiddetti “baffi a manubrio” e il pizzetto. Diversi gli aneddoti legati a tale foggia: secondo le dicerie dell’epoca, la Regina Vittoria d’Inghilterra, durante il loro incontro, avrebbe ballato con Vittorio Emanuele II tenendo la testa piegata all’indietro a causa dell’insopportabile l’olezzo di tabacco. Al contrario di Rosina, l’amante, che li adorava e amava pettinarglieli e spuntarglieli. Sembra infine che il Re stesso se ne prendesse cura tingendosi i peli brizzolati con tizzi di carbone o lucido da scarpe: ma la pioggia, durante il suo ingresso a Napoli da nuovo Re, gli sciolse il nero sul colletto rivelando il suo trucco alla folla.I baffi di Vittorio Emanuele II furono anche l’ispirazione per la forma dei famosi biscotti Krumiri.

La folta barba fulva di Giuseppe Garibaldi e l’immancabile camicia rossa hanno reso l’immagine del patriota un’icona che rende immediatamente riconoscibile ogni suo ritratto.

Camillo Benso Conte di Cavour sfoggiava la barba denominata “sottogola” (o “a collana”) cioè una striscia di barba che prolungava le basette lungo la mandibola. Nel 1859, a Padova, fu vietato di portare la barba al mento “alla Cavour” poiché era ritenuta simbolo dell’appartenenza al partito “avverso all’Imperial Regio Governo”.

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